Recentemente ha fatto scalpore il caso di una interrogazione parlamentare proposta in ambito UE nei confronti del commissario per la sicurezza alimentare Vytenis Andriukaitis da parte dell’eurodeputata Mara Bizzotto, che aveva chiesto quali iniziative pone in campo l’Unione per contrastare la contraffazione del Made in Italy, che secondo dati attendibili raggiunge ogni anno quota sessanta miliardi di euro di fatturato.
Dall’interpello è emerso che l’Europa mette in atto diversi meccanismi di difesa dalle frodi e dalle superfetazioni alimentari, ma che, almeno nel 2017, l’Italia non si è avvalsa di tali meccanismi.
In effetti, la Commissione per esempio tutela i prodotti tipici, altri dipartimenti ed autorità, come ad esempio la EFSA (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, con sede a Parma) si occupano della sicurezza, il sistema di Assistenza e Cooperazione Amministrativa è stato istituito per favorire “…lo scambio di dati in modo strutturato per quanto riguarda le non conformità con la legislazione in materia di alimenti e mangimi”. Il sistema ACA consente ad ogni Stato di confermare un sospetto di frode, nonché di raccogliere la documentazione idonea a portare all’irrogazione di sanzioni. Oltre ad ACA esiste anche il Network per il contrasto delle Frodi Alimentari, il cui scopo è affrontare e risolvere casi di contraffazione “internazionale”.
Ecco che, come conseguenza, i vari “Parmesan”, “Mortadela”, “vino del Padrino”, etc. continuano a sottrarre alla produzione ed al commercio italiani un enorme quantitativo di danaro: 60 miliardi di fatturato all’anno, secondo Coldiretti.
Ma, se in ambito europeo esistono meccanismi di difesa dall’“Italian sounding” (prodotti “finto-italiani”), cosa è possibile fare se ci si rende conto del fatto che i prodotti messi in vendita da operatori scorretti consistono in alterazioni o contraffazioni?
Il nostro ordinamento è perfettamente dotato di strumenti giuridici che consentono di reprimere tali comportamenti scorretti.
Il Regolamento comunitario n. 178 del 2002, per cominciare, disciplina la c.d. “rintracciabilità” di un prodotto alimentare dalla produzione alla commercializzazione. Il d.lgs. del 6 novembre 2007, n. 193 attua la Direttiva 2004/41/CE, relativa ai controlli in materia di sicurezza alimentare.
Alcuni articoli del codice penale sono applicabili ai casi di contraffazione e frode. In particolare, l’art. 444 c.p. punisce molteplici condotte aventi a oggetto le sostanze alimentari, tutelando la salute pubblica. I delitti contro l’industria e il commercio, disciplinati agli artt. 515, 516, 517 e 518 c.p., disciplinano frodi di vario genere.
Se, poi, il comportamento scorretto è commesso da un “non-collega” commerciante e si concretizza anche in un ingiusto vantaggio concorrenziale, è possibile anche richiedere l’intervento dell’Autorità antitrust nazionale.
In effetti, distribuire al mercato prodotti contraffatti equivale a disorientare il consumatore (nei casi meno gravi) e, quindi, a rovinare il mercato stesso, con detrimento per i produttori e per i distributori onesti non solo per i cittadini.
L’importante è segnalare gli abusi, preferibilmente tramite un professionista,per evitare che da un singolo comportamento si arrivi ad una prassi consolidata e, quindi, devastante.