Abusi Edilizi e Responsabilità Penale

Questo articolo è diviso in tre parti. Nella prima parte si analizzano profili di responsabilità penale connessi agli abusi edilizi e paesaggistici; nella seconda, gli aspetti relativi all’illecito amministrativo; nella terza, gli aspetti civilistici.

Quando si parla di abusi edilizi si fa riferimento ad una particolare categoria di illeciti sanzionata sia dal punto di vista penalistico, sia da quello amministrativistico, sia da quello civilistico.

In via generale, l’illecito penale deve presentare i caratteri di valenza costituzionale di legalità (Corte Cost., sentenza n. 487 del 1989) e determinatezza (Corte Cost., sentenza n. 327 del 2008), per cui solo quello che è espressamente previsto come reato è sottoposto a sanzione penale. Inoltre, la responsabilità penale è – di norma – personale, con il che è da escludersi che la semplice situazione di “proprietà” del bene in relazione al quale detta responsabilità sorge sia di per sé sola sufficiente a determinare la punibilità del proprietario (Cass. pen., III, 15 luglio 2015, n. 30467).

Tale premessa vale sia per i reati “edilizi” (artt. 44 e 95 d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380), sia per fattispecie frequentemente commesse al momento stesso di commissione dell’illecito edilizio, ma differenti quanto a regime giuridico complessivo: i reati “paesaggistici” (art. 181 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42).

Nello specifico, le sanzioni penali relative alla violazione delle disposizioni urbanistico-edilizie e relative a fattispecie connesse sono quelle di cui all’art. 44 del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380, per quanto attiene alle sanzioni afferenti alla violazione di norme urbanistico-edilizie, e quella di cui al successivo art. 95, per quanto attiene alla violazione delle disposizioni in materia di tutela “antisismica” degli edifici. In entrambe i casi si tratta di contravvenzioni, di carattere penale, punite con l’ammenda e l’arresto (art. 44) e con l’ammenda (art. 95).

Salvo che il fatto non risulti punibile in base a diverse disposizioni di carattere penale, l’art. 44, come anche l’art. 95, sopra menzionato dispone l’irrogazione di due diversi gruppi di sanzioni:

  1. quello di cui al comma 2, ove si irrogano le seguenti sanzioni in seguito alla commissione dei seguenti fatt: “a) l’ammenda fino a 10329 euro per l’inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal presente titolo, in quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire; b) l’arresto fino a due anni e l’ammenda da 5164 euro a 51645 euro nei casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l’ordine di sospensione; c) l’arresto fino a due anni e l’ammenda da 15493 euro a 51645 euro i nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma dell’articolo 30. La stessa pena si applica anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso.”.
  2. Quello di cui al comma 2 bis, che estende l’ambito di applicazione delle norme penali “…agli interventi edilizi suscettibili di realizzazione mediante segnalazione certificata di inizio attività ai sensi dell’articolo 23, comma 01 [che disciplina la SCIA in alternativa a permesso di costruire, n.d.r.], eseguiti in assenza o in totale difformità dalla stessa”.

In definitiva, le sanzioni di carattere penale irrogate dal d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380 (TUEDIL) sono quelle afferenti alla commissione degli illeciti più gravi, i quali sono riportabili alla violazione o alla totale assenza di un permesso di costruire (ove rilasciabile) o alla violazione di norme di carattere primario e secondario, aventi valenza urbanistico-edilizia.

Nelle ipotesi anzidette, la responsabilità penale ricade sull’autore materiale dell’illecito, sul progettista ed anche sul proprietario (in ipotesi, sul legale rapp.te degli enti associativi), salvo che questi non fornisca la prova di non aver potuto impedire l’evento o di non aver avuto nemmeno contezza della commissione del fatto (Cass. pen. III, 6 febbraio 2019, n. 5820, v. pure C. App. Palermo, IV, 11 gennaio 2016, n. 35), come nell’ipotesi in cui il legale rapp.te dell’ente associativo non è quello che era nel momento di commissione dell’abuso.

Illecito permanente, demolizione spontanea e prescrizione

La giurisprudenza penale qualifica il reato di cui all’art. 44 cit. come reato permanente, la cui consumazione, ai sensi dell’art. 158 cod. pen., si realizza nel momento della cessazione dell’attività abusiva, dovendosi intendere per “cessazione dell’attività abusiva” il momento in cui, per qualsiasi causa, volontaria o imposta, i lavori abusivi cessano o vengono sospesi (v. Cass. civ., III, 9 luglio 2014, n. 29974) o quando “l’opera risulta concretamente funzionale, possedendo tutti i requisiti di agibilità o abitabilità, ovvero quando si presenti interamente ultimata con tutte le rifiniture esterne ed interne, salvo che si raggiunga la prova che l’agente abbia, non semplicemente sospeso l’attività edilizia, ma volutamente lasciato l’opera abusiva nello stato in cui è stata rinvenuta (cfr. Cass. pen., sez. III, 20/11/2014, n. 48002)” (così C. App. Napoli, III penale, 6 settembre 2017, n. 6029).

La caratteristica sopra detta ha rilevanza ai fini della ricostruzione del regime giuridico applicabile a prescrizione e spontaneo ripristino.

Partendo da quest’ultimo caso, si dirà che secondo la S.C. (Cass. III pen, 1 febbraio 2006, n. 3945), “la rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici, da parte del trasgressore, prima che venga disposta d’ufficio dall’autorità amministrativa, e comunque prima che intervenga la condanna, estingue il reato di cui al comma 1”. La fattispecie estintiva può configurarsi soltanto se l’autore dell’abuso si attivi spontaneamente alla rimessione in pristino e, quindi, prima che la P.A. la disponga perché l’effetto premiale può realizzarsi solo in presenza di una condotta che anticipi l’emissione del provvedimento amministrativo ripristinatorio. Di conseguenza, non solo il ripristino spontaneo è possibile, ma, anzi, è doveroso (e, tutto sommato, anche conveniente, perché determina il venir meno dell’illecito paesaggistico).

Un discorso analogo, ma parzialmente diverso, può essere fatto per quanto riguarda l’illecito urbanistico-edilizio.

Anche in questo caso, la disciplina in materia urbanistica porta ad escludere che interventi di “mera demolizione” (demolizione alla quale non faccia seguito alcuna ricostruzione) di manufatti privi di un qualsiasi autonomo valore storico o artistico debba essere preceduta da un ordine impartito dal Comune (o da un assenso).

In questi casi, infatti, proprio la demolizione è la miglior forma di tutela dello stato dei luoghi (TAR Lazio II bis, 27 marzo 2018, n. 3416). Conseguentemente, anche a fini urbanistico-edilizi il ripristino spontaneo è possibile, con l’importante precisazione per cui il ripristino spontaneo, a fini urbanistico-edilizi “non determina gli stessi effetti dell’estinzione del reato per intervenuta sanatoria” (Cass. pen., III, 18 luglio 2007, n. 28510). Diversamente da quanto si è appena visto per quel che attiene all’illecito paesaggistico, “non sussistendo tra le ipotesi criminose poste a raffronto la piena identità” (Corte Cost., ord. 439 del 20 dicembre 2007), non vi è alcuna identità di normativa sostanziale che comporti l’automatica estinzione del reato urbanistico-edilizio connessa alla spontanea demolizione. Nondimeno, concorrendo a denotare il quadro psicologico complessivo dell’agente (quandomai venga in rilievo la sua posizione), il ripristino spontaneo può essere valutato ai fini sia della mancanza di un danno penalmente rilevante, sia della buona fede dell’imputato (Cass., sez. III: 22 marzo 2013, n. 13738), sia, ove ne ricorra l’ipotesi, in sede di pronuncia di sentenza ex art. 131 bis c.p.p..

Per quanto attiene, infine, alla violazione delle norme di carattere antisismico, l’art. 95 del d.p.r. 380/2001 irroga la sanzione dell’ammenda (che si prescrive nel termine di 5 anni, v. art. 173 c.p., savo che non sia inflitta congiuntamente alla pena detentiva della reclusione e dell’arresto, nel qual caso il termine di prescrizione è quello della pena detentiva).

Ma da quale momento inizia a decorrere la prescrizione?

Dal momento di cessazione della condotta illecita; quindi, nel caso di abuso edilizio, tendenzialmente sono ipotizzabili due momenti dai quali valutare la prescrizione dell’illecito: quando l’illecito è stato ultimato e/o quando questo è stato impedito dall’ordine dell’autorità (ordinanza di sospensione lavori o sequestro).

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