I Piani di Massima Occupabilità di Roma Capitale

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I Piani di Massima Occupabilità (PMO) del Centro Storico-Città Storica di Roma Capitale sono strumenti di pianificazione, relativi ad aree di particolare pregio storico, artistico ed estetico, previsti dall’art. 4 bis, comma 4, del Regolamento sulle occupazioni di suolo pubblico di Roma Capitale ed attualmente in vigore, anche a seguito della riforma apportata al settore dalla legge 160/2019.

Il PMO è, quindi, un atto generale di programmazione e di pianificazione, che reca una disciplina complessiva del territorio per quanto concerne le occupazioni di suolo pubblico che tiene conto, comparandoli, degli interessi pubblici , sotto l’aspetto dell’individuazione delle aree pubbliche idonee all’occupazione a fini commerciali.

Lo scopo del PMO è quello di individuare forme omogenee di fruizione di spazi pubblici, da parte di operatori commerciali, in luoghi di notevole interesse pubblico. I Piani in questione sono finalizzati a garantire forme di tutela del patrimonio storico, culturale, artistico ed ambientale cittadino ed a garantire un equilibrio tra l’espansione delle attività commerciali, la regolamentazione del traffico urbano e la tutela della residenzialità nonché, anche, per salvaguardare il diritto alla salute dei cittadini, in specie per quanto attiene al riposo notturno.

L’esercizio della funzione pianificatoria espressa con i PMO si caratterizza per l’ampio margine di discrezionalità attribuito all’amministrazione, non dissimilmente rispetto a quanto accade per la generalità delle funzioni pianificatorie.

In base all’art. 4 bis del medesimo Regolamento OSP, nell’ambito della Città Storica, i PMO sono approvati dal Consiglio del Municipio, acquisiti i pareri obbligatori della Polizia Municipale, dell’Ufficio per la Città storica e della Sovrintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma.

Un discorso a parte va fatto per le OSP facenti capo ad attività di somministrazione di alimenti e bevande incluse nelle “isole ambientali”, di cui al Piano Generale del Traffico. In questo caso, il rilascio della concessione di suolo pubblico è subordinato all’adozione, da parte della Giunta Capitolina, di specifici piani di massima occupabilità  che i Municipi territorialmente competenti devono adottare entro un anno dall’istituzione dell’isola ambientale stessa.

I Piani di massima occupabilità a Roma ed i privati.

Il PMO è, dunque, uno strumento pubblico di pianificazione, che prescinde dalla adesione o dalla partecipazione di soggetti privati portatori di interessi loro propri in esso coinvolti. Tuttavia, è lo stesso Regolamento OSP a prevedere che le associazioni di categoria ed i privati interessati possano attivarsi al fine di compartecipare al potere pianificatorio.

A tal riguardo, sono due le disposizioni del Regolamento OSP di maggiore interesse:

  • quella di cui all’art. 4 bis, ove si dispone che, in caso di modifiche normative che comportino cambiamenti dello stato dei luoghi, ovvero su impulso degli organi politici in relazione a specifici progetti volti al decoro ed al la rigenerazione urbana dell’area o, in occasione di mutamento delle condizioni poste alla base di un precedente diniego, di modifiche alla viabilità, le associazioni di categoria possono presentare una proposta di revisione dell e occupazioni di suolo pubblico relative ad un PMO già assentito, da sottoporre successivamente all’approvazione della Giunta Capitolina;
  • quella di cui all’art. 19-ter, il quale prevede che, con deliberazione di Giunta Capitolina, l’Amministrazione può stipulare convenzioni o approvare specifici progetti con soggetti terzi che prevedano la compensazione totale o parziale del canone, nonché di ampliare la superficie già contemplata nei PMO, a fronte dell’effettuazione di prestazioni di pubblico interesse o utilità quantificate, il cui valore è determinato
    nella convenzione o negli stessi progetti con modalità e criteri da determinarsi mediante avviso pubblico.

Conclusioni.

I PMO, pur essendo uno strumento pubblico, consentono – seppur indirettamente – la partecipazione dei privati alla loro formazione, in specie quando si tratta di modificare in tutto o in parte il loro contenuto.

Nondimeno, sebbene la normativa regolamentare sopra analizzata preveda modalità specifiche di intervento delle associazioni di categoria e dei privati, comunque il pubblico potere, anche pianificatorio, può essere indirizzato o nelle forme della partecipazione volontaria al procedimento (artt. 1 – 10 l. 7 agosto 1990, n. 241) o in via di autotutela “correttiva”.

L’amministrazione pubblica, in effetti, conserva sempre e comunque la possibilità di rivedere in via di autotutela le proprie determinazioni, anche nel merito, attraverso l’istituto della revoca, disciplinato dall’art. 21 quinquies della l. 7 agosto 1990, n. 241.

Conseguentemente, le associazioni di categoria e gli esercenti possono utilizzare gli strumenti forniti dalla normativa di riferimento per prendere parte alla formazione o all’aggiornamento dei Piani.

Questo principio vale soprattutto nel caso in cui manchi un PMO, per non essere stato, questo adottato o per essere stato annullato. Con riguardo alla mancanza del PMO, infatti, la Cassazione ha affermato che “in assenza dell’approvazione del piano di massima occupabilità, che rappresenta un’ipotesi nella quale l’amministrazione si autovincola rispetto al futuro concreto esercizio del potere discrezionale, la stessa non perde il potere discrezionale di valutare ogni singola istanza effettuando una comparazione fra interessi pubblici e gli interessi del singolo privato” (Cass. civ., Sez. Un. 7 febbraio 2018, n. 3017).

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