Responsabilità erariale per mancata riscossione di crediti

Una recente sentenza della Corte dei Conti sez. Sicilia si è occupata dell’interessante tema della responsabilità dei pubblici funzionari per mancata riscossione dei crediti nel caso di specie  derivati dalle fatture relative alla fornitura idro-elettrica (gestita direttamente dal Comune), divenute ormai non esigibili in ragione del compiersi del periodo di prescrizione quinquennale ex art. 2948 n.4 c.c. 

 Si tratta di un’ipotesi di danno erariale cd. da mancata entrata  

La giurisprudenza contabile, ripercorsa nella sentenza in commento, ha tratteggiato le caratteristiche di tale tipo di danno individuandole in: 

  • il nocumento disvela i connotati della certezza, attualità e concretezza in virtù del solo compiersi della prescrizione civilistica del credito vantato dall’amministrazione. Precisamente, il decorso del pertinente termine prescrizionale – in assenza di validi atti interruttivi medio tempore posti in essere dal titolare del credito o di ulteriori fatti o atti aventi efficacia giuridica equipollente – determina la perdita definitiva del corrispondente diritto e, per questa via, il materializzarsi del danno erariale (cfr. ex plurimis, C. conti, Sez. III d’Appello, n. 369/2012; Id. n. 233/2019; Id., Sez. II, n. 126/2015 
  • non è necessario che il pregiudizio per essere risarcibile sia anche irreversibile ovvero “non sanabile mediante il ricorso ad altri meccanismi satisfattori della pretesa creditoria” (C. conti, II Sez. Centrale d’Appello, n. 205/2021); 
  • la sua astratta configurabilità, inoltre, non è condizionata dalla circostanza che il debitore dell’amministrazione abbia opposto aliunde la prescrizione delle ragioni di credito dell’Ente (C. conti, SS.RR., n. 764/1992) né, ancora, l’esistenza del danno è posta in discussione dalla coesistenza, in capo all’Amministrazione comunale, di un potere di azione, processuale o extragiudiziale, funzionale alla soddisfazione delle pretese rimaste insolute (ex multis, già C. conti, III. Sez. Centrale d’Appello, n. 369/2012; C. conti, II Sez. Centrale d’Appello, n. 205/2021)”. 

Nel caso affrontato come in generale, i crediti per fornitura idrica ed elettrica costituiscono per l’Ente entrate extra-tributarie non patrimoniali, segnatamente proventi dall’esercizio di servizi pubblici. 

 I giudici contabili hanno conseguentemente affermato che. “Al recupero di essi sono orientate, in ultima analisi, le azioni giudiziali e, propedeuticamente, le attività stragiudiziali volte a partecipare (di là dal nomen iuris dell’atto, diffide, solleciti o avvisi di pagamento) al debitore la volontà dell’Ente di realizzare l’entrata. Queste ultime, pur quando si rivelassero infruttuose per provocare l’adempimento spontaneo (seppur tardivo) all’obbligo di pagare il corrispettivo da fornitura da parte dell’utente, dispiegano effetto interruttivo della prescrizione del credito e costituiscono, quindi, garanzia della sua conservazione. Trattasi, in estrema sintesi, di meri di atti o accertamenti, con rilevanza esterna, relativi alla gestione delle entrate non patrimoniali avrebbero dovuto dunque sollecitare/diffidare l’utenza al pagamento delle fatture insolute così, contestualmente, ovviando al maturarsi della prescrizione delle ragioni di credito dell’Ente. 

In mancanza di tale attività, come accertata nel caso di specie, non possono che dirsi configurati i presupposti per la sussistenza della responsabilità erariale.” 

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