Il Tar boccia ancora una volta la proroga automatica delle concessioni marittime

Con la recentissima sentenza n. 505 del 15/2/2021 il T.A.R. Sicilia Catania Sez. III https://www.giustizia-amministrativa.it/provvedimenti-tar-catania ha confermato l’orientamento giurisprudenziale, ormai prevalente, secondo il quale la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime di cui all’articolo unico, commi 682 e 683, della L. 145/2018 contrasta con il diritto eurounitario e deve pertanto essere disapplicata. I giudici siciliani hanno colto l’occasione per esprimere la loro divergente posizione rispetto a quella assunta dal TAR LECCE (unico tribunale in Italia) a favore del diritto degli operatori balneari ad ottenere l’estensione delle concessioni demaniali fino al 2033.

Nella fattispecie la ricorrente aveva impugnato il decreto con cui il Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale dello Stretto aveva rigettato l’istanza con la quale la stessa aveva richiesto all’Amministrazione di prendere atto dell’estensione sino al 31 dicembre 2033, ai sensi della L. n. 145 del 2018, della concessione demaniale marittima n. 13/18 del 5 luglio 2018, già assentita sino al 31 dicembre 2020.

Il provvedimento di rigetto dell’Amministrazione si fondava essenzialmente sulla sentenza del Consiglio di Stato, VI, n. 7874/2019, secondo cui le proroghe automatiche delle concessioni demaniali non possono trovare cittadinanza nel nostro ordinamento, con obbligo di disapplicazione, alla luce del diritto dell’Unione Europea, delle previsioni di legge contrastanti con tale principio.

L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, aveva chiesto il rigetto del gravame ricostruendo nel dettaglio il quadro disciplinare e giurisprudenziale che aveva giustificato la decisione assunta, osservando, in particolare che:

a) si erano espressi nel senso dell’avviso manifestato dall’Amministrazione sia il T.A.R. Campania, Salerno, con sentenza n. 221 del 10 febbraio 2020, sia il T.A.R. Veneto, Venezia, con sentenza n. 218/2020 del 3 marzo 2020;

b) per le concessioni che non rientrano nel campo di applicazione della direttiva 2006/123/CE deve trovare applicazione l’art.49 TFUE che prevede e regola il diritto di stabilimento;

c) il principio generale della illegittimità di norme interne che consentano la proroga automatica delle concessioni senza procedura di selezione – direttamente ricavabile dalla direttiva medesima e definitivamente sancito dalla sentenza della Corte di Giustizia 14 luglio 2016, C-458/14 e C-67/15 – opera indipendentemente dal fatto che la concessione in esame rivesta interesse transfrontaliero certo;

d) tale presupposto, infatti, assume rilievo solo nei casi in cui – non potendo trovare diretta applicazione la direttiva 2006/123/CE – si debba verificare la compatibilità di una eventuale proroga “ex lege” delle concessioni alla luce delle regole fondamentali del Trattato FUE e, in particolare, dell’art. 49 (sul punto cfr. sentenza della Corte di Giustizia 14 luglio 2016, C458/14 e C-67/15, 59 e ss.; arg. Anche ex Cons. Stato, sez. VI, 7874 del 2019 cit.);

e) una volta accertato che la concessione rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 12 della direttiva 2006/123/CE, è possibile affermare che – come sancito dalla citata sentenza della Corte di Giustizia del 14 luglio 2016, C-458/14 e C-67/15 – il rilascio della stessa è necessariamente subordinato all’espletamento di una procedura di selezione tra potenziali candidati, che deve presentare garanzie di imparzialità, trasparenza e pubblicità;

f) secondo la più recente giurisprudenza, la buona fede del concessionario è ravvisabile, in linea di principio, solo per le concessioni antecedenti l’adozione della direttiva 2006/123.

La ricorrente ha ribadito e ulteriormente illustrato le proprie difese, anche alla luce delle deduzioni avversarie, richiamando apposita giurisprudenza (con particolare, ma non esclusivo, riferimento alla sentenze del T.A.R. Puglia, Lecce, I, n. 1322/2020 e n. 1341/2020).

Il TAR Catania, dopo un’approfondita disamina degli orientamenti giurisprudenziali richiamati dalle parti, ha confermato la legittimità del provvedimento di diniego adottato dall’Amministrazione in ordine all’istanza con la quale la ricorrente aveva invocato il riconoscimento del diritto all’estensione della concessione demaniale sino al 31/12/2033 ex L. 145/2018.

Di significativo interesse risultano le argomentazioni con cui il TAR Catania, nel condividere i principi espressi dal Consiglio di Stato con la richiamata sentenza n. 7874/2019, a mezzo della quale l’Alto Consesso aveva dichiarato non conforme al diritto europeo la più recente proroga legislativa automatica delle concessioni demaniali in essere fino al 2033, disposta dalla L. 145/2018 poiché “detta disposizione rievoca norme nazionali già dichiarate in contrasto con l’ordinamento eurounitario dalla corte di giustizia nel 2016 (determinando una giuridicamente improbabile reviviscenza delle stesse)…”, ha ritenuto che “le affermazioni contenute nella citata sentenza del Consiglio di Stato Consiglio di Stato, VI, n. 7874/2019 non siano affatto scalfite dalle pronunce del T.A.R. di Lecce”.

In particolare il TAR Catania ha evidenziato che  “… la questione dell’eventuale affidamento del soggetto già concessionario non può essere seriamente prospettata, in quanto il titolo di cui trattasi è stato rinnovato nell’anno 2013 e successivamente nell’anno 2016, cioè in epoca di molto successiva all’adozione della direttiva 2006/123/CE (cosiddetta “Bolkestein”), con cui si è dichiarato che i contratti aventi un interesse transfrontaliero certo restano soggetti agli obblighi di trasparenza” inferendone che “il concessionario ha ben potuto effettuare le sue valutazioni e intraprendere le opportune iniziative e cautele nella prospettiva dell’esperimento di una procedura selettiva per il successivo affidamento della concessione”.

Il giudice adito ha inoltre rilevato che “Come… risulta da una torrenziale giurisprudenza della Corte di Giustizia, l’interesse transfrontaliero si determina in ragione, non solo del valore stimato dell’appalto o, nel caso di specie, della concessione, ma in relazione alla tecnicità o all’ubicazione dell’affidamento in un luogo idoneo ad attrarre l’interesse di operatori esteriosservando in proposito che“tale interesse sussiste nel caso in esame, venendo in rilievo un affidamento estremamente appetibile dal punto di vista economico e anche di agevole gestione, trattandosi di una concessione per un punto di ristoro in favore degli utenti dei traghetti che operano sulla linea Messina-Villa San Giovanni, la quale, come è a tutti noto, risulta eccezionalmente trafficata”.

Infine l’organo giudicante ha sottolineato che <<Quanto alla scarsità della risorsa, è noto che la Commissione Europea ha già avviato la procedura di infrazione a carico dello Stato italiano in relazione alla disciplina di cui all’art. 1, commi 682 e 683, della L. n. 145 del 2018, osservando, tra l’altro, quanto segue: a) “la normativa italiana, oltre ad essere incompatibile con il diritto dell’Unione Europea, crea incertezza giuridica per i servizi turistici balneari, scoraggia gli investimenti in un settore fondamentale per l’economia italiana e già duramente colpito dalla pandemia di coronavirus, causando nel contempo una perdita di reddito potenzialmente significativa per le autorità locali italiane”; b) “gli Stati membri sono tenuti a garantire che le autorizzazioni, il cui numero è limitato per via della scarsità delle risorse naturali (ad esempio le spiagge), siano rilasciate per un periodo limitato e mediante una procedura di selezione aperta, pubblica e basata su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi”; c) “l’obiettivo è fornire a tutti i prestatori di servizi interessati, attuali e futuri, la possibilità di competere per l’accesso a tali risorse limitate”; d) la proroga automatica delle concessioni per altri quindici anni vieta “alle autorità locali di avviare o proseguire procedimenti pubblici di selezione per l’assegnazione di concessioni che altrimenti sarebbero scadute”, in violazione del diritto dell’Unione”>>.

Avv. Andrea Di Rienzo

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