Osservazioni in merito al “nuovo” preavviso di rigetto

Il decreto semplificazioni (d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 settembre 2020, n. 120, segnatamente art. 12) hanno senza dubbio rafforzato il ruolo del preavviso di rigetto nell’ordinamento.  

Infatti la novella dispone l’inappicabilità della cd dequotazione dei vizi formali ex art. 21 octies legge proc. al provvedimento adottato in violazione dell’articolo 10-bis ossia ai provvedimenti ad istanza di parte.

Ma fino a dove si spinge la novella normativa? Ebbene la sentenza in commento ha il pregio di esaminare i nuovi confini dell’istituto.

La sentenza

Con al sentenza n.7158 dell’11/7/2023 il Consiglio di Stato si è dapprima preoccupato di fornire un definizione del preavviso di rigetto.

Secondo il massimo consesso amministrativo “esso costituisce un importante momento di interlocuzione tra p.a. e cittadino, ulteriore e successivo a quello della fase istruttoria vera e propria, connotata dalle forme tipiche della partecipazione. Esso, cioè, finisce per accordare una sorta di secondachanceal privato per ottenere laccoglimento della propria istanza, mediante un momento di confronto più pregnante e potenzialmente più utile perché si colloca in uno stadio avanzato del processo di “costruzione” della decisione amministrativa, quando cioè la determinazione è orientata negativamente e si rende necessario interagire non ai soli fini della raccolta del materiale ancora carente, ma rispetto al contenuto dispositivo dell’atto da adottare. Si è anche detto che trattasi di un istituto che implica un’utilità reciproca per le parti in causa: per il privato, che può saggiare in sede procedimentale un ultimo tentativo per convincere l’amministrazione all’accoglimento della propria istanza (ovvero, in senso diametralmente opposto, comprenderne e assimilarne le ragioni, rimodulando le proprie richieste e comunque desistendo da reazioni impugnatorie, con evidente effetto deflattivo del contenzioso); per l’amministrazione, che può svolgere al meglio la propria “missione” di addivenire a decisioni quanto più ponderate e meditate possibili, anche sul piano della condivisione col destinatario.” 

Ciò posto, si è passati ad esaminare la portata dell’istituto alla luce della riforma e le ricadute concrete sull’azione amministrativa: I giudici infatti citano espressamente l’ampliamento della portata della motivazione del provvedimento finale rispetto alle osservazioni presentate dal privato, oltre che l’inapplicabilità della sanatoria processuale ex art. 21-octies della medesima l. n. 241/1990. Nella sentenza in commento si legge infatti che “La norma riformata dispone dunque che, in presenza di osservazioni presentate dal privato ex art. 10-bis, il responsabile del procedimento o l’autorità competente «sono tenuti a dare ragione nella motivazione del provvedimento finale di diniego», statuizione che evidentemente ribadisce e rafforza la doverosità della valutazione da parte della p.a. dell’apporto dei privati e del riscontro nella motivazione del provvedimento, con l’avvertenza, aggiunta dalla riforma, che in sede motivazionale l’autorità può intervenire «indicando, se ve ne sono, i soli motivi ostativi ulteriori che sono conseguenza delle osservazioni». L’amministrazione, dunque, da un lato deve prendere puntuale posizione rispetto alle osservazioni avanzate dai privati, dall’altro non può discostarsi dai motivi ostativi esternati con la comunicazione ex art. 10 bis, aggiungendone di nuovi solo a valere come risposta alle osservazioni del privato.” 

In estrema sintesi si sottolinea come anche la lettura più rigorosa dell’istituto non si spinga fino alla imposta necessità di controdedurre analiticamente su ogni singola argomentazione, purché l’impostazione del provvedimento argomenti chiaramente in senso reiettivo delle osservazioni del privato e non si limiti a mere formule di stile nel senso dell’avvenuta analisi delle stesse. Quanto detto a maggior ragione ove ridette osservazioni non introducano davvero alcun elemento di novità, ma si concretizzino nella mera ripetizione delle ragioni poste a base della domanda, in contrapposizione al non condiviso prospettato esito negativo.  

Ora è chiaro che quanto sopra sostenuto valga per i provvedimenti discrezionali. È tuttavia lecito porsi la domanda di se e come la novella intervenga rispetto ai procedimenti vincolati

La giurisprudenza sui procedimenti vincolati

Per quanto riguarda gli atti vincolati preme sottolinare come “secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, il provvedimento di decadenza ha, pertanto, natura vincolata, “con esclusione quindi di ogni bilanciamento tra interesse pubblico ed esigenze del privato concessionario, dal momento che l’amministrazione concedente esercita una discrezionalità di tipo tecnico nel verificare la sussistenza delle ipotesi decadenziali disciplinate dall’art. 47 c. nav. limitandosi a riscontrare i relativi presupposti fattuali” (ex multis, TAR Puglia, Lecce, Sez. I, N. 1350/2013, TAR Sicilia, Palermo,, Sez. I, n. 1201/2011)”. 

Infatti la natura vincolata del potere esercitato, sia nell’an che nel quid, comporta che non sia dovuta la previa comunicazione dell’avvio del procedimento, né le garanzie procedimentali integrate dall’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, in quanto non si configura la possibilità di un qualsiasi apporto collaborativo, capace di condurre ad una diversa conclusione della vicenda. In tal senso depone l’applicazione dell’ art. 21 octies del medesimo testo legislativo (Cons. Stato, sez. IV, Sent. n.2953/2017; Cons. di Stato, Sez. IV, Sent. n. 5128 del 2018). La mancata comunicazione dell’avvio del procedimento non consente di per sé l’annullamento giurisdizionale dell’atto vincolato anche per effetto della “dequotazione introdotta dall’articolo 21 octies, l. 7 agosto 1990, n. 241 ” (T.A.R. per il Lazio, Sez. Sec. Quater, Sent.n. 9116/2018). 

Sembra logico supporre che la novella di cui si discute non sia tale da innovare la citata giurisprudenza. Ad ogni modo solo il tempo e le nuove pronunce saranno in grado di dirci se e come la novella legislativa è stata capace di intervenire sul rapporto fra preavviso di rigetto e provvedimenti vincolati.

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