Stabilimenti Balneari: istanza per la realizzazione di un chiosco rimasta senza risposta. Che fare?

Il caso che riportiamo oggi riguarda l’ipotesi, realmente accaduta,  di un concessionario che abbia avanzato una istanza per la realizzazione di un chiosco nel perimetro del bene demaniale concesso (spiaggia) senza mai ottenere una risposta.

In tale evenienza ci troviamo di fronte ad un silenzio inadempimento da parte della PA, ossia un contegno inerte ingiustificato da parte dalla pubblica amministrazione che è obbligata dalla legge a fornire una risposta, finanche negativa, alle istanze dei cittadini.

I privati dinnanzi a tale comportamento illegittimo possono ricorrere al Giudice amministrativo instaurando il ricorso previsto agli artt. 31 e 117 del codice del processo amministrativo (il cd ricorso avverso il silenzio amministrativo).

Il giudice infatti può ordinare alla amministrazione di provvedere in ordine alla richiesta del privato, provvedimento che però può anche essere di tipo negativo venendo qui in rilievo il diritto del cittadino ad avere una risposta e non una risposta positiva.

Ad ogni modo in caso di risposta negativa dell’amministrazione il privato avrà un provvedimento che, ricorrendone i presupposti, potrà essere impugnato con i metodi ordinari.

Per richiedere che il GA si pronunci sul silenzio della amministrazione il privato deve dimostrare di avere un interesse attuale a concreto ad ottenere il provvedimento richiesto (il cd interesse ad agire).

Ebbene nel caso che stiamo esaminando il giudice di primo grado aveva ritenuto non sussistente l’interesse ad agire del concessionario che aveva chiesto il permesso per l’istallazione di un chiosco  poiché la stagione balneare era ormai giunta al termine e che quindi l’interesse all’ottenimento dell’autorizzazione non poteva più considerarsi né attuale né concreto.

Il ricorso era stato quindi dichiarato improcedibile.

Tuttavia tale statuizione è stata ribaltata in secondo grado dove si è affermato che la prima sentenza non aveva tenuto conto che la situazione descritta dal ricorrente si era già verificata l’anno precedente.

E che, visti i tempi tecnici necessari per ottenere l’invocata autorizzazione – previa proposizione dell’azione giudiziaria avverso l’inerzia o il silenzio (azione necessaria, in considerazione della condotta inerte e/o dilatoria assunta dal Comune) – una identica situazione di patologico stallo ben avrebbe potuto (e potrebbe) riproporsi ogni anno, con conseguente “impossibilità strutturale” di ottenere, in tempo utile, il provvedimento richiesto.

E’ evidente che in tale situazione – costituente un vero e proprio “circolo vizioso” – la c.d. “attualità” dell’interesse ad ottenere una pronunzia giurisdizionale che sancisca (pur se “ora per allora”) l’obbligo dell’Amministrazione di provvedere, permane e non viene meno (ma si cristallizza); e ciò in quanto una pronunzia di tal genere ben può assumere (e viene in concreto ad assumere) una funzione conformativa atta ad impedire che il ritardo amministrativo si ripeta periodicamente (con sistematica e permanente costanza) e divenga patologicamente cronico, nella intollerabile assenza di alcuna efficace risposta da parte dell’Ordinamento.

D’altra parte non può essere negato che ogni azione giudiziaria è (e continua ad essere) attuale fino a quando perdura il pregiudizio avverso cui si oppone.

La PA è stata quindi condannata a rispondere al concessionario.

 

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