Movida e schiamazzi notturni: risarcisce il Comune

Una recente sentenza della Corte Suprema di Cassazione ( Cass. Civ., Sez.III, Sent. n.14209 del 23 maggio 2023) ha preso posizione su di una annosa querelle: ossia quella relativa a chi debba risarcire il cittadino il cui riposo è di fatto impedito da schiamazzi notturni provocati dalla cd movida

Il caso

Una coppia di residenti aveva citato in giudizio il Comune sostenendo che fosse compito dell’amministrazione comunale disperdere la folla radunatasi nei pressi del pub situato nei pressi della loro abitazione e in primo grado avevano visto riconosciute le loro ragioni. Successivamente però il giudice di appello ha riformato la citata sentenza sostenendo in estrema sintesi che non rientrasse fra i compiti istituzionali del Comune quello di intervenire per ristabilire la quiete pubblica.

Si è giunti così innanzi alla Corte Suprema di Cassazione.

La sentenza

Il Giudice di ultima istanza si è espresso in favore dei residenti argomentando che: “la tutela del privato che lamenti la lesione, anzitutto, del diritto alla salute [costituzionalmente garantito e incomprimibile nel suo nucleo essenziale (art. 32 Cost.)], ma anche del diritto alla vita familiare (convenzionalmente garantito art. 8 CEDU) e della stessa proprietà (che rimane diritto soggettivo pieno sino a quando non venga inciso da un provvedimento che ne determini l’affievolimento), cagionata dalle immissioni (nella specie, acustiche) intollerabili, ex art. 844 c.c., provenienti da area pubblica (nella specie, da una strada della quale la Pubblica Amministrazione è proprietaria), trova fondamento, anche nei confronti della P.A., anzitutto nelle stesse predette norme a presidio dei beni oggetto dei menzionati diritti soggettivi. La P.A. stessa, infatti, è tenuta ad osservare le regole tecniche o i canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni e, quindi, il principio del neminem laedere, con ciò potendo essere condannata sia al risarcimento del danno (artt. 2043 e 2059 c.c.) patito dal privato in conseguenza delle immissioni nocive che abbiano comportato la lesione di quei diritti, sia la condanna ad un facere, al fine di riportare le immissioni al di sotto della soglia di tollerabilità, non investendo una tale domanda, di per sé, scelte ed atti autoritativi, ma, per l’appunto, un’attività soggetta al principio del neminem laedere.”

Il Comune quindi non solo dovrà risarcire i residenti per i danni subiti, ma anche adoperarsi per porre fine alle immissioni intollerabili.

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